
Triestina-Trento 0-2, Gasperutti: "Squadra vuota e rassegnata, doverose le dimissioni di Pavanel"
In questa domenica è stato intonato il salmo del “de profundis”, ad una squadra che mestamente con le orecchie abbassate ha accettato la sua sorte,
che tanto iniqua non è, ma solo il resoconto conclusivo di una gestione errata.
Le dimissioni post partita di Pavanel ne sono la prova tangibile che anche lui ha visto negli occhi dei suoi giocatori la resa incondizionata e l'impossibilità di sovvertire l'andamento, che lentamente sta facendo scivolare la squadra verso l'abisso della retrocessione.
Attenzione perchè la serie D è una categoria dalla quale è difficilissimo risalire, soprattutto per una città che non si è mai dimostrata lungimirante verso un progetto a lungo termine fatto per dare delle basi future solide, su cui costruire qualcosa di duraturo. A Trieste si è sempre pensato all'oggi, a raggiungere un risultato immediato e questo senza voler colpevolizzare nessuno, ma fin dal primo dopoguerra, quando con il soldi che arrivavano in abbondanza dalla capitale, si pensava di più a formare delle squadre competitive in serie A, che predisporre delle strutture per formare le future generazioni alabardate.
Ancora oggi le formazioni che vestono la nostra gloriosa maglietta sono costrette a girare per i campetti cittadini, ospiti di alcune società dilettanti che consentono di svolgere un minimo di attività, che non è paragonabile tanto per fare un esempio a quella delle squadre di piccole realtà che sono presenti nel nostro girone di terza serie e che magari vengono snobbate e sottovalutate perchè il loro nome non è glorioso e roboante come quella della Triestina.
La Triestina ha lo stadio “si dice”, altri invece giocano su campetti senza tribune e circondati dal verde delle campagne, certo, ma si allenano su campi erbosi, hanno settori giovanili che dispongono di strutture adeguate e non devono mendicare per avere un orario consono su terreni sintetici, magari in coabitazione.
Ad ogni fallimento o cambio di proprietà si sentono sempre programmi di massima per una pronta risalita della Prima squadra in una categoria che “la città, la tifoseria, lo stadio” meritano e in ogni occasione, non da quest'anno ma da oltre 70 anni, si riparte dal tetto della casa. In questo non voglio colpevolizzare l'attuale società che è arrivata da 6 mesi e che come tante altre ha cercato di attuare il suo programma di massima: squadra giovane con obiettivo play-off e ristrutturazione del settore giovanile. Per quest'ultimo ovviamente, bisogna dare il tempo adeguato, perchè non è possibile ottenere subito dei risultati, l'unica cosa che possiamo osservare è che almeno non arrivano più carrettate di giovani dal profondo sud in cerca di fortuna.
Per quanto riguarda la Prima squadra invece, il risultato è sotto gli occhi di tutti, quindi non sono io ma la classifica a parlare in maniera chiara e inequivocabile. Trieste e parlo della sua tifoseria, come sempre è stata generosa ed entusiasta verso questa nuova società e i suoi programmi sono stati accettati, ne fanno fede i 4.011 abbonamenti sottoscritti, un numero enorme in un campionato di terza serie e in un calcio che anche ad alto livello, salvo qualche rara eccezione, vede un continuo disamoramento verso uno sport che sport più non è ma business.
Con la squadra si è evidentemente sbagliato, dapprima sfaldando un organico che bene o male aveva raggiunto un 5° posto finale nell'anno precedente e che tra le tante pecche, qualche pregio doveva pur averlo; poi nell'acquisto di tanti giocatori che all'atto pratico non si sono dimostrati funzionali per formare una squadra compatta e magari ambiziosa.
Stavolta abbiamo visto una partita che, sulla carta, doveva essere uno scontro salvezza: il Trento era la prima formazione al di fuori della zona play-out a 8 punti di distanza, quindi punto di riferimento per una rincorsa. La partita a cui abbiamo assistito è stata quasi senza storia, iniziata e finita con un copione che lascia poco adito a discussioni: tra le due squadre viste in campo, in questa occasione c'era tanta tanta differenza. Il Trento è una squadra compatta, buona la difesa che però essendo stata poco impegnata è ingiudicabile, manovriero il centrocampo che ha fatto vedere una buona predisposizione nel giocare il pallone, non buttandolo mai via ma proponendo gioco anche con i difensori e con l'estro dell'ex Pasquato, che ha giocato con la consueta abilità tecnica facendo il regista. L'attacco non è sembrato un fulmine di guerra, altrimenti …. però ha manovrato con intelligenza, tenendo il pallone e facendo salire la squadra; ha costruito quattro palle gol e due le ha messe a segno. Una buona squadra che a fine andata era sotto di noi in classifica e che con 5 vittorie consecutive è risalita e non credo avrà problemi a salvarsi.
La Triestina è partita con una certa spigliatezza all'attacco e per 15' ha attaccato, ma l'unico prodotto tangibile è stato un tiro di Tavernelli su una delle pochissime azioni incisive della squadra. Dopo questa azione il nulla. Quando guardi una partita in tv, alla fine della gara fanno vedere il resoconto finale, con possesso palla, tiri e altro; alla finedi questa gara ho guardato il mio modesto taccuino su cui annoto solo le azioni salienti, per farmi una idea di quello che ho visto. Ebbene ho trovato sullo scarno taccuino, che denotava una gara non proprio palpitante ed emozionante: 2 conclusioni fuori della Triestina (Tavernelli e Felici) contro 4 del Trento nello specchio con due gol, uno stop orripilante su un cross, con pallone consegnato alla difesa di Felici a due passi dalla porta, dovrei rivederlo, ma forse poteva anche concludere a rete e sarebbe stato l'1-1.
Inoltre un altro dato denota chiaramente la partita fatta dall'Alabarda: i zero ammoniti in campo, con l'arbitro che ha controllato in tutta tranquillità una partita, che sulla carta doveva essere un confronto all'ultimo sangue. Non amo lo scontro fisico e la guerra in campo, per questo non amavo lo scorso anno Lopez, che ingaggiava fin dal primo minuto un duello personale con l'avversario intimidendolo, ma …... il calcio è un gioco maschio e la rassegnazione vista in campo, non è accettabile.
Ho visto una squadra completamente vuota, che ha corso e si è impegnata ma che letteralmente non sapeva cosa fare, era senza idee, senza una base di gioco; una squadra che aveva la consapevolezza di essere più debole ed era rassegnata alla sua sorte.
Onesto alla fine Massimo Pavanel, che cuore alabardato in mano, ha perfettamente capito la situazione rassegnando le dimissioni, dolorose ma doverose quando la squadra non segue più l'allenatore. Io difenderò sempre l'allenatore, che vede i giocatori ogni giorno, che ha il polso della squadra, mentre il pubblico la vede una volta ogni 15 giorni; l'allenatore non è masochista e non gioca mai contro sé stesso e cerca sempre di mettere in campo i giocatori che lui reputa adatti alla gara. Dopo, tutti sono bravi, in caso di sconfitta a trovare l'errore, il problema è che la gara viene preparata prima e a volte quello che si è studiato a tavolino, non viene messo in pratica in campo o un fattore imponderabile, mette a repentaglio lo svolgimento preventivato e non si riesce a trovare le contromosse. Il mestiere dell'allenatore è difficile, sei solo contro tutti, molto più facile stare in tribuna e giudicare a posteriori.
Onore a Massimo che sicuramente ha dato tutto sé stesso alla causa e che anche in questo frangente ha dimostrato la serietà e l'amore per i nostri colori che lo contraddistingue, ma sinceramente non poteva fare altro.
Ora chissà cosa succederà, un triste presentimento lo abbiamo tutti, mancano 14 partite alla fine con 42 punti in palio, una enormità; ma una squadra che nelle prime 24 giornate, ha vinto solo 4 volte, che fuori casa ha fatto solo 3 punti, è realisticamente in grado di invertire totalmente la marcia e farne ora almeno una ventina, per poi sperare eventualmente nel play-out? Mah, vediamo, la speranza è sempre l'ultima a morire e attendiamo ora gli sviluppi della situazione venutasi a creare, sperando almeno in una immediata reazione d'orgoglio. Generoso il sostegno del pubblico durante la partita, a parte alcune intemperanze vocali nei confronti della dirigenza e un paio di inopportuni petardi.
BRUNO GASPERUTTI